La mia scoperta è avvenuta in modo casuale.
Ho sempre avuto dolore durante il ciclo, ma mi è stato insegnato che fosse normale: “Il dolore fa parte dell’essere donna”, mi ripetevano, “bisogna imparare a sopportarlo”. Così ho imparato, aiutandomi con antidolorifici. Con il tempo, però, anche il sesso era diventato doloroso, ma durante le visite mi sentivo dire che probabilmente non ero rilassata. Ho provato a crederci, ma non capivo come non riuscissi a sentirmi a mio agio in un’esperienza che dovrebbe essere piacevole. Inevitabilmente, alla lunga, la preoccupazione per il dolore ha iniziato a farmi perdere ogni entusiasmo.
Qualche anno fa, io e mio marito stavamo pensando di allargare la famiglia. Volendo assicurarci che tutto andasse bene, decisi di fare un controllo di routine. La dottoressa riscontrò una massa di circa 5 cm nel mio ovaio sinistro. Mi fece sedere e, senza molta delicatezza, mi disse che poteva trattarsi di un tumore. Quelle parole mi scioccarono. Quando ne parlai con mio marito, lui mi ha tranquillizzata, consigliandomi di sentire un altro parere.
Poco dopo, ho incontrato una dottoressa, che ha approfondito il mio caso. Dopo alcuni esami, mi disse che si trattava di endometriosi e che avevo una cisti di 5 cm che andava operata quanto prima. Però, in coincidenza con la pandemia da Covid, la mia operazione venne rimandata più volte. Ho atteso più di sei mesi, durante i quali ho provato la terapia ormonale con la pillola. Purtroppo, non mi ha fatto bene, causandomi dolori al seno, sbalzi di umore e un costante senso di depressione. Sentivo di aver perso il controllo su corpo e mente, e così decisi di sospenderla. Mi sembrava che la dottoressa non mi ascoltasse, e mi sono trovata a cercare un equilibrio da sola.
Passai quei mesi con molta ansia e paura per il mio ovaio, per la possibilità di avere figli. Ero senza risposte. In quel periodo, io e mio marito comprammo la nostra prima casa, e tra i lavori di ristrutturazione cercavo di ritrovare un senso di normalità. Ma il dolore non mi permetteva di fare tutto quello che volevo. Ricordo un giorno in particolare in cui mi trovavo a pulire il pavimento da seduta, pezzetto per pezzetto, mentre mia madre mi stava aiutando. Nonostante la situazione fosse difficile, cercavamo di mantenere un po' di leggerezza e ridevamo insieme, anche se dentro di me provavo un mix di frustrazione e tristezza.
Finalmente arrivò il giorno della visita pre-operatoria in ospedale. Ero nervosa, e purtroppo, nonostante la mia dottoressa fosse presente, non sembrava molto disponibile . Il primario che mi visitò mi spiegò che si trattava di una malattia grave e che l’operazione poteva essere complessa. Mi parlò persino della possibilità di un sacchetto esterno, lasciandomi terrorizzata. Mi disse anche che, senza una visita da lui, non mi avrebbe operata. Non me la sentii e me ne andai, spaventata e senza sapere cosa fare.
Alla fine, consultai una nuova specialista, una donna eccezionale, che mi parlò con empatia, come se fossi sua figlia. Mi indirizzò a un centro specializzato a Verona, dove, dopo mesi di incertezze e paure, mi operarono e ricevetti finalmente la cura di cui avevo bisogno.
Continua...
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