L'operazione

Pubblicato il 8 novembre 2024 alle ore 10:03

Dopo tanta attesa, finalmente arrivò il giorno dell'operazione.

Ero molto agitata, non solo per l'intervento in sé, ma anche per la mia paura degli ospedali. Io e mio marito avevamo deciso di prenotare un albergo vicino all'ospedale, visto che viviamo lontano da Verona, ma nonostante avessi lui accanto, non potevo fare a meno di sentirmi nervosa. Le restrizioni per il COVID non mi permettevano nemmeno di essere accompagnata durante la fase pre-operatoria, quindi mio marito mi lasciò all'ingresso dell'ospedale e mi accompagnò fino al momento in cui mi chiamarono per prepararmi. Mi sentivo completamente sola, ma il pensiero che tutto sarebbe finito presto mi dava una minima consolazione.

Le infermiere, però, sono state incredibilmente gentili e professionali, cercando di tranquillizzarmi in ogni modo possibile. Anche la mia dottoressa passò poco prima dell’operazione per rassicurarmi, e questo mi diede un po’ di sollievo. L’intervento durò diverse ore e fu eseguito da un team di medici che si presero cura di me. Durante l'operazione, rimossero un piccolo pezzo di intestino, raschiarono un nervo, tolsero una cisti dall’ovaio, pulirono l'utero e raschiarono la vescica. Mio marito, scherzando, mi ha sempre detto che mi hanno fatto un "tagliando completo".

Quando mi svegliai, i ricordi erano confusi e il dolore era forte. Avevo diversi tubi collegati al mio corpo per le ovaie, il sangue e la vescica, e il mio primo pensiero fu quello di cercare mio marito. Fortunatamente, la dottoressa lo aveva già avvisato che l'operazione era andata bene e che poteva venire a trovarmi. Quando lo vidi entrare nella stanza, fu un sollievo immenso, ma il dolore e la tristezza erano ancora presenti. Non riuscivo a fare a meno di piangere, mi sentivo smarrita e sola. Tuttavia, a quel punto, incontrai le mie compagne di stanza, donne che stavano vivendo la stessa esperienza. Anche se ognuna di noi aveva una storia diversa, condividevamo gli stessi dolori e la stessa paura, ed è stato incredibile come ci siamo supportate a vicenda. Poter parlare con chi stava affrontando lo stesso percorso è stato per me un vero e proprio sollievo emotivo. Loro mi hanno aiutata a rimanere positiva, mi hanno dato consigli, e insieme ci siamo incoraggiate a vicenda, creando una piccola rete di sostegno.

Il giorno dopo l’intervento, le infermiere vennero a farmi alzare. E fu terribile. Avevo dolori ovunque, e mi sentivo come se il mio corpo non mi obbedisse più. I primi passi sono stati difficili, ma ogni piccolo progresso mi dava una sensazione di vittoria. I giorni passarono e, poco a poco, i miglioramenti arrivarono. Mi tolsero i tubi di supporto per le ovaie, poi il catetere. Una delle esperienze che mi ha più spaventata è stata la prima volta che sono andata in bagno. Quando vidi il sangue, pensai che i punti nell’intestino si fossero strappati, ma la dottoressa mi rassicurò che era una cosa normale e che il mio corpo stava solo reagendo a tutto quello che aveva subito.

Finalmente, dopo una settimana, arrivò il momento della dimissione. La sensazione di poter tornare a casa era grande, ma prima di uscire, la dottoressa mi fece una domanda che mi colpì: "Intendi rimanere incinta o prendere la pillola?" Una domanda semplice, ma che avrebbe avuto un grande impatto sulla mia vita futura. Sarà qualcosa di cui parlerò in un altro momento, ma quel momento mi fece riflettere su quanto la mia vita stesse per cambiare.

Il viaggio di ritorno a casa fu una vera prova di resistenza. Ogni buca, ogni frenata, ogni dosso mi faceva sentire male ovunque. Non so quante volte mio marito mi abbia chiesto scusa, anche se sapeva che non era colpa sua. Quando finalmente arrivammo a casa, non riuscivo a fare praticamente nulla. Lui è stato il mio sostegno costante, aiutandomi ad alzarmi, a fare le cose quotidiane, persino accompagnandomi in bagno. Non solo lui, anche mia madre mi ha dato una mano enorme in quei giorni difficili. Ogni piccolo gesto, ogni parola di conforto, erano ciò che mi permetteva di andare avanti.

Anche se fisicamente ero fuori dall'ospedale, i segni dell'operazione sono rimasti. Dopo l’intervento, ho perso parzialmente la sensibilità della gamba e la mia pancia sembrava gonfia, come se fosse un palloncino. Per una persona che aveva sempre avuto una pancia piatta e che faceva molta attività fisica, è stato davvero difficile accettare il cambiamento. Non riuscivo a capire perché il mio corpo non tornasse mai come prima. Ci sono voluti anni per trovare un equilibrio, per capire che la causa era l'infiammazione legata alla malattia, che rendeva tutto nel mio corpo irritato e difficile da gestire. E anche ora, a distanza di tempo, non è facile, ma sono riuscita a imparare ad ascoltare il mio corpo e a fare pace con i cambiamenti che ha subito.

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